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Ammorbidire la carne con la cottura

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di Gianluigi Storto

Le singole fibre muscolari, i fasci muscolari e l’intero muscolo degli animali sono avvolti in speciali membrane di tessuto connettivo che, alla fine del muscolo, proprio prima che si attacchi al muscolo, si riuniscono fra di loro in una specie di grosso e resistente cordone, che poi sono i tendini. Senza questa “copertura”, i muscoli letteralmente non riuscirebbero a stare insieme. Questo tessuto connettivo è formato principalmente da tre proteine: l’elastina, la reticolina e il collagene. Con il tempo, quindi con il passaggio dell’animale dall’infanzia all’età adulta e con l’esercizio fisico, queste sostanze si legano sempre più strettamente fra di loro e ai muscoli e questo causa l’irrigidimento delle strutture muscolari ed ecco perché la carne dei vitellini è più “tenera” di quella di un manzo adulto. È anche la ragione per cui i pascoli dei paesi pianeggianti, come l’Argentina, danno animali dalle carni più tenere, mentre allevamenti in collina o in montagna, dove l’animale deve fare più sforzo fisico per mangiare, danno capi dalle carni più ricche di tessuto connettivo e quindi meno pregiate.

Mentre elastina e reticolina sono le due proteine strutturali del tessuto connettivo, quelle che gli danno le principali proprietà meccaniche, il collagene serve a contenere, come in un serbatoio, l’energia necessaria per far funzionare i muscoli. Il collagene, infatti, durante gli sforzi muscolari rilasc glucosio, ovvero la benzina dei muscoli.

Quando cuociamo la carne, oltre quei fenomeni di denaturazione proteica che abbiamo visto nei nostri primi articoli (vedi quelli sulla cottura alla brace della carne), succede che anche il tessuto connettivo subisce serie alterazioni. In particolare il collagene all’inizio della cottura si contrae ma poi, con una cottura prolungata tende a sciogliersi in una specie di gelatina (il termine esatto è che “gelatinizza”). Questo è il vero motivo per cui la carne cotta (ma non troppo!) è in genere più morbida di quella cruda. La “durezza” dipenderà anche da quanta elastina e reticolina c’era nel tessuto connettivo di partenza perché queste due proteine, al contrario del collagene, non si sciolgono in acqua calda e restano lì, a farci impazzire nella masticazione. Le parti posteriori degli animali da carne, come i lombi, contengono meno tessuto connettivo e quindi risultano in generale più adatte all’alimentazione.

Ai fini della cottura, il rapporto fra tessuto connettivo e tessuto muscolare di un taglio di carne è importantissimo. Mentre tessuti ricchi di tessuto muscolare ma poveri di tessuto connettivo, come il famoso filetto, richiedono bassi tempi di cottura e non soffrono per le alte temperature, tagli ricchi di tessuto connettivo richiedono invece tempi di cottura più lunghi, capaci cioè di far sciogliere per bene il collagene. Però attenzione alla temperatura! Per far gelatinizzare il collagene bastano poco più di 60 °C mentre temperature più alte provocano l’accorciamento delle fibre muscolari che così facendo letteralmente strizzano via l’acqua contenuta all’interno dei muscoli, rendendoli duri e immasticabili.

Quindi, per cuocere carni ricche di tessuto connettivo servono cucine “slow” e ricette tradizionali di cui ogni regione italiana è prodiga. Ma qui è meglio che mi stia zitto, perché questo è il campo di Martino…

 

con liberati e bistecca

 

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