Da qualche tempo circola tra le bocche di cuochi e cucinieri amatoriali di tendenza il brutto neologismo “risottare”.
Il verbo è applicato a una tecnica di cucina che tratta la pasta come se fosse il riso del risotto. Anziché venire lessata in abbondante acqua bollente per poi essere condita con il sugo, la pasta viene tostata in tegame in un grasso di cottura e poi bagnata con il sugo bollente (almeno si spera) fino a cottura. Tecnica e verbo hanno destato l’entusiasmo di alcuni, neanche troppi direi, e di certo non il mio. La pasta risottata risulta troppo legata al condimento in un appiccicoso abbraccio amidaceo. Perde il suo sapore originale e si smarrisce il contrasto tra la sua personalità e quella del sugo. Ne soffre anche la cottura, più difficile da azzeccare. Non è neppure una novità. La pasta e patate napoletana è più o meno risottata, ma si si tratta di una semi-minestra nella quale la cremosità finale un po’ brodosa è ben accetta. La cucina si evolve e le novità sono la sua linfa vitale. Noi plaudiamo solo quelle con un senso, costruttive e non solo modaiole.
Non risottare invano
Novembre 15, 2014 | 0 commenti