Alida, concorrente di Masterchef Italia, s’è presa un cicchetto da Bruno Barbieri che l’ha rimproverata perché aveva preparato un riso bollito e non un vero e proprio risotto per fare le arancine. Ingiustamente. Perché le arancine si fanno proprio con il riso bollito. Se c’è una cosa che i siciliani non sanno fare è il risotto, e se c’è una cosa che sanno fare alla perfezione sono le arancine. Le due cose, insomma, non vanno insieme. In un impeto di visione settentrionalistica della cucina, Barbieri arriva a sostenere che l’arancina sia un piatto del giorno dopo, nato per riciclare il riso rimasto. Come se per i siciliani fosse pratica consueta preparare il ris giald, il risotto giallo o alla milanese. Magari con l’oss bus. Le cose, naturalmente, non stanno così. L’arancina risale molto probabilmente agli arabi, da loro i siciliani hanno importato il riso e lo zafferano, oltre le arance che hanno dato il nome alla specialità. Gli arabi usavano porre del riso nel palmo di una mano semichiusa e riempire la conca formata con un umido di carne. Sembra poi che sotto l’impero di Federico II, l’arancina sia stata chiusa, impanata e fritta per farla diventare un cibo da asporto da consumare durante le battute di caccia.
Basterebbe questo alla difesa di Alida. Ma voglio essere elastico, al punto di ammettere (a favore di Barbieri) che la ricetta zero non esiste. Questo va detto e ribadito, e non solo per le arancine! Le varianti di una ricetta-madre sono inevitabili ed è giusto prenderle in considerazione. Allo stesso tempo, però, è scorretto imporle come verità evangelica. Io la mia ricetta delle arancine con il riso bollito (ma solo 9 minuti!) l’ho ereditata da mia prozia Giuseppina, che ci ha lasciato novantenne dodici anni fa e mi diceva fosse la ricetta di sua mamma. Come dire che si arriva in pieno ottocento. Il riso bollito mio e della zia è in buona compagnia: compare nella ricetta del grande enogastronomo siciliano Pino Correnti ne “Il libro d’oro delle ricette e dei vini di Sicilia”, in quella di Carnacina e Veronelli ne “La cucina rustica regionale”, in quella di Fernanda Gossetti delle Salda ne “Le ricette regionali italiane”. Lessa il riso anche Alba Allotta, autrice di numerosi libri di ricette siciliane e tanti, tanti altri autori.
Il risotto deriva da una lettura settentrionalista delle arancine ed è stato accolto da alcuni siciliani. Pochi per fortuna, a giudicare di tanti laboratori di rosticceria che ho visitato. Chi l’ha adottato, l’ha fatto per velocizzare la preparazione e per avere una buona scusa per aggiungere il dado da brodo. Di sicuro ha contribuito alla diffusione di questa variante la ricetta che Andrea Camilleri, più goloso che gastronomo a mio avviso, descrive in uno dei suoi romanzi. Anche i grandi, a volte, sbagliano le ricette.
Voi fate come volete e se preferite il risotto predicato da Bruno Barbieri fate pure. Sappiate però che otterrete arancine pesanti, stucchevoli, con un riso scotto e impastato. Noi restiamo dalla parte di Alida.