Per dirvi in poche parole di cosa parla il libro, riporto quanto è scritto nella quarta di copertina:
“Che mondo – noioso e retrogrado – sarebbe se fossimo davvero come la pubblicità ci dipinge?Che mondo – auspicabile ma irraggiungibile – sarebbe se nemmeno un po’ di quello che la pubblicità racconta di noi non fosse vero?”
Ora prendo la parola io per dire che questo libro è stato scritto da un… come concordare il sostantivo “genio”, che è solo maschile, a una donna come Cinzia Scaffidi? Perciò conio un neologismo e dico che è una genia. La definisco così perché possiede i requisiti tecnici per meritare il mio neologismo: dimensioni del QI, creatività, capacità di analisi e sintesi, studio, memoria. Ma ciò che di Cinzia colpisce veramente è il tesoretto delle sue doti umane che emergono fra le righe di questo libro, inaspettatamente per un saggio sulla comunicazione pubblicitaria.
Invece coglierete la sua capacità di essere empatica, modesta, onesta e coraggiosa. Pur parlando di aziende conosciute da tutti, alcune nell’universo intero perché sono multinazionali, fa nomi e cognomi, distribuisce scappellotti e gratificazioni senza guardare in faccia nessuno. Fin dalle prime pagine si capisce che di lei ci si può fidare e che si è documentata alla perfezione. Cita pubblicità tv di 40 anni fa facendo intendere che le ha viste e studiate. Poi magari fa una verticale, comparando le edizioni successive e mostrando (e dimostrando) quanto gli spot chiosino la società. Un esempio per tutti è la saga delle famiglie Barilla: pur essendo cominciate da quella unita, perfetta e celeberrima del Mulino Bianco hanno poi avuto il coraggio di autodistruggersi arrivando al caso familiare di Favino , camionista presumibilmente divorziato e affidatario di una figlia adolescente che al suo rito gli prepara le tagliatelle con il ragù in scatola.
La scrittura impeccabile, il sense of humor e l’interesse dell’argomento fanno arrivare troppo velocemente all’ultima pagina. Viene voglia di ricominciare e magari prendere appunti.