“Ben maritata, senza suocera né cognata”. Il proverbio si adattava a Pia Palmera solo a metà, perché Guglielmo Scuderi era sì orfano, ma con una sorella che contava per dieci. Quindi le spettavano dieci cognate, una più ostile dell’altra. Donna Placida Scuderi aveva 14 anni più di Guglielmo e non aveva ancora preso marito né forse mai l’avrebbe preso. Ma aveva quell’amato fratello, il bambolotto di carne che i genitori le avevano regalato proprio quando cominciava la sua vita di donna. Bello, intelligente, amoroso e delicato, Guglielmo sembrava essere venuto al mondo per essere amato soprattutto da lei, che l’aveva cresciuto più di sua madre ed era l’unica a saperlo capire, prendere e guidare.
Quando il giovane uscì di casa per andare a stare con la sposina a palazzo Palmera, Placida si sentì scorticare viva come San Bartolomeo. Pia le aveva rubato il suo unico affetto e per quel delitto imperdonabile le portava un odio legittimo, cristallino e consapevole. Eroico addirittura, visto che la faceva sentire come un cavaliere delle crociate, quelli dovevano liberare il Santo Sepolcro dai musulmani, lei il fratello dalla moglie. Non sapeva come, ma quello era ormai lo scopo della sua vita.
Dunque, Pia era assediata da tutte le parti, da dentro casa e da fuori, dalla sua classe sociale e dal popolo. Il boicottaggio della gente fu tale che perfino Carmina la Surcia, la donna più povera del paese, si rifiutò di andare a servire a casa sua.
“Lo so che non mi posso saziare neanche di pane solo” biascicava Carmina da un cortile all’altro “ma a fare la serva alla buttana di Palermo io non ci vado“. E così donna Pia fu costretta a importare il personale di servizio dagli Scozzari, i mezzadri del feudo di Piano Balatella, in montagna. La famiglia Scozzari era la fornitrice storica della servitù di casa Palmera e alla fine Pia si dispiacque solo in parte dell’ostilità dei Montemarinesi. Aveva creduto di fare cosa gradita ai suoi nuovi compaesani assumendo personale del luogo, ma se l’avevano presa in quel modo, meglio così. In fondo era contenta di mettersi in casa gente che conosceva da sempre e alla quale era già affezionata. Non si è mai soli quando le radici sono profonde e vive e com’erano quelle di Pia.
Dalla Balatella, Masino e Melina Scozzari spedirono tutte e tre le loro figlie femmine. A Rosetta, la maggiore e più riflessiva, fu dato il ruolo di bambinaia della piccola Stella. Ninetta, la mezzana, divenne la cameriera personale della signora e Nardina, la minore, fu messa in cucina. Solo Rosetta era sposata, e al marito Pepè fu assegnata la cura della piccola scuderia del paese e di quella più grande del podere della Zagarella. Neli, il maggiore della nidiata degli Scozzari era maggiordomo rifinito e fu inviato a Pia da sua zia Maria Teresa che aveva deciso di chiudere salotto per raggiunti limiti di età. In verità voleva farla finita con i salamelecchi, e senza più doveri mondani le bastavano Marianna e Paolina, che la servivano di tutto punto e la tenevano allegra con le loro liti quotidiane.
Quella del personale forestiero fu una decisione saggia e ancora più saggio fu scegliere Ninetta come cameriera di Pia. Le due ragazze erano coetanee e si volevano bene fin dalla nascita. Il fatto, poi, che Ninetta non fosse palermitana e addirittura montanara favorì la sua accettazione sociale; quelli della marina si sentono superiori ai montagnesi e perciò non avevano nulla da invidiarle.
Non appena si fu inserita nel contesto delle commari di Monte Marino, Ninetta cominciò a lavorare di fino con le relazioni diplomatiche a favore del buon nome della padrona. Si guardò bene dal dire che era una perla perché l’avrebbero subito guardata come un cane che difende il padrone. Preferì smontare le calunnie su Pia con lentezza e discrezione, per non urtare troppo la sacralità del pregiudizio.
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Pia Palmera – 1