Ciccio Sultano, chef del ristorante Duomo di Ragusa, per fare le sarde a beccafico mette mano alla maionese e svalva le ostriche. Inoltre, le sarde, anzi la sarda (perché è una) non viene né fritta né cotta al forno ma lessata a bassa temperatura.
La ricetta è pubblicata sul sito di Sultano e mostrata su youtube dove raccoglie il lamento di un siciliano che si lamenta di una ricetta tradizionale “violentata”.
Io non sono d’accordo con l’utente di youtube. Non c’è stata violenza perché non c’è stato nessun profondo reale contatto tra Ciccio e la vera sarda a beccafico della quale è stato usata solo la denominazione per attrarre l’attenzione, stupire e magari creare un’osservazione come questa.
La beccafico tradizionale e quella bollita all’ostrica di Sultano viaggiano su binari paralleli che non si sono mai incontrati e mai si incontreranno, anche se hanno alcuni ingredienti in comune. Né si può parlare di piatto destrutturato visto che compaiono ingredienti troppo eterodossi come l’ostrica e la maionese.
La sarda di Ciccio non ha violentato né tantomeno seppellirà quella tradizionale. Estendendo il discorso, la nuova cucina non ucciderà quella regionale. Saranno due cose diverse capaci di convivere anche se in ambienti diversi.
Va a questo punto considerato che la cucina regionale è sovradeterminata da una molteplicità di fattori tutti ugualmente importanti. I suoi piatti contengono continui riferimenti ai territori che li hanno generati, a eventi storici, culture popolari e aristocratiche, religioni, condizioni e mutamenti sociali, interazioni e integrazioni tra culture diverse. La nuova cucina italiana, erede della nouvelle cuisine, è soprattutto tecnica. Gli altri fattori culturali sopra elencati sono tenuti presenti, ma vengono molto, molto dopo, ridotti al ruolo di citazione.
E va anche ricordato che la nuova cucina non è un’evoluzione della cucina tradizionale è una rivoluzione che ha cambiato i presupposti, un ripartire da zero. Si può dire che parte da sè e a se stessa si riferisce continuamente. I prodotti, del territorio, per esempio, sono importantissimi, ma non sono mai i veri protagonista del piatto come tanto spesso accade nella cucina tradizionale. Protagonista del piatto creativo è sempre l’idea originale e ancora più di questa lo chef che l’ha concepita.
Tutto il resto è citazione. Per esempio, tornando alla sarda a beccafico di Sultano, è stata epurata da tutti i riferimenti storici e culturali che stanno alla base del piatto.
La beccafico originale si chiama così perché è un piatto della cucina povera sette-ottocentesca che imitava i beccafichi (uccelli pregiati) della cucina aristocratica.
Sultano ha arricchito il piatto dell’ostrica, gli ha aggiunto la maionese (addio povertà!) e soprattutto ha tagliato la coda alle sarde. Quel codino è stato l’ispiratore delle sarde a beccafico perché ricorda quello degli uccellini. Come dire che lo chef ha ripulito la specialità dei riferimenti storici e culturali per ricondurlo alla sua tecnica. Sarebbe stato più corretto, a questo punto, chiamarlo in altro modo. Ma, in fondo, chi se ne frega.