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pasta fagioli e cozze
pasta fagioli e cozze

La Cucina Urbana Italiana di Martino Ragusa

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“Nuova cucina urbana” è una mia definizione che indica la cucina casalinga praticata oggi nelle città da chi dà importanza all’alimentazione e alla ricetta. Ne ho tracciato il profilo  dopo dieci anni di studio del modo di cucinare delle cuciniere e dei cucinieri di ogni parte d’Italia. La ricerca è stata possibile grazie a due punti privilegiati di osservazione: il portale ilgiornaledelcibo.it, che ho diretto fino a un paio di anni fa, il blog martinoragusa.it e due pagine facebook, quella personale e . quella del mio blog. Un’interazione intensa, quella tra me e le ormai tante persone che hanno deciso di seguirmi, consultarmi, chiedermi e darmi consigli e ricette.

La nuova cucina urbana è green, salutista, tendenzialmente light, ambientalista, attenta al km zero, moderatamente fusion. La fusion è sia interregionale che internazionale. È una cucina creativa ma ben radicata nella tradizione e molto consapevole del valore del territorio. Il cuciniere urbano ricorda la figura del bricoleur descritta da Levi Strauss che lavora sull’esistente per riproporlo diverso, in un’ottica squisitamente evoluzionista. Attinge le sue nozioni da: famiglia, libri, scuole e corsi di cucina, riviste, portali di cucina, blog, web-tutorial, programmi tv. Tende a non progettare il piatto, come richiesto dalla cucina tradizionale, ma a farsi ispirare da ciò che trova di fresco e invitante al mercato. Si lascia influenzare dalla cucina dei celebrity chef ma senza esagerare, predilige le cotture veloci, il crudo, l’integrale. È operativa, funzionale, abbastanza tecnologica ma anche colta e poeticamente legata a un passato visto come fonte di conferme identitarie. È onnivora ma poco carnivora. È diffusa in tutta Italia con ricette che al nord sono sempre più meridionalizzate.

La nuova cucina urbana è meridionalizzata

Il cibo deve essere apportatore di salute e non un pericolo per essa. Sulla base di questo principio, si è verificato lo spostamento del baricentro della cucina italiana a sud. Per esempio, la sostituzione del burro con l’olio extravergine di oliva. La piramide alimentare e la dieta mediterranea hanno consacrato il sud d’Italia come giacimento di quanto possa far bene alla salute in termini i di grassi insaturi, polifenoli, cotture brevi e piatti crudi. La meridionalizzazione della cucina, comunque, è cominciata molto prima della diffusione della piramide alimentare. Risale ai primi anni del novecento, quando iniziò in turismo marino verso località come Sorrento, Positano, Capri, Ischia, Taormina. Gli italiani in vacanza o in soggiorno al mare per curare malattie respiratorie, presero confidenza con la pastasciutta, la pizza, l’olio di oliva, i pesci di scoglio, le verdure e i sapori piccanti mentre decollava l’industria del pomodoro in scatola accompagnata dal messaggio pubblicitario del sole del sud disponibile per tutto l’anno.
Il nord ha risposto alla meridionalizzazione della cucina alternando i piatti locali, rimasti sostanzialmente fedeli alla loro ricetta originale tradizionale, con piatti mediterranei o procedendo, come fa oggi la cucina urbana, all’ibridazione nord-sud (es: pasta all’uovo con pomodoro fresco e basilico).

I nuovi cucinieri urbani danno grande valore alle materie prime

Il singolo ingrediente di una preparazione culinaria ha un valore molto variabile nella considerazione di chi cucina. A un estremo ci sono gli acquirenti che addirittura lo ignorano, cioè non sanno di averlo comprato perché non hanno acquistato dei singoli alimenti ma una preparazione industriale o artigianale che ne contiene parecchi. Chi compra un ragù pronto in scatola sa che contiene carne e pomodoro e qualche aroma, difficilmente si sofferma a leggere l’etichetta. Nel caso del ragù Star, riporta: acqua, carni 29,5% (bovina 16%, suina 13,5%), concentrato di pomodoro 15%, carote, cipolle, olio di semi di girasole 2,7%, sedano, amido modificato di mais, sale, estratto di lievito, zucchero, aromi, pepe, tracce di latte, pesce, uovo. Lo stesso discorso vale per le preparazioni liofilizzate, in scatola e surgelate.

Questo tipo di acquirente bada molto alla funzionalità del prodotto finale (condire la pasta o disporre di un piatto già pronto) e poco alle caratteristiche del singolo ingrediente, e cioè origine, stagionalità, varietà, modalità bio o convenzionale di coltivazione o allevamento. Questo tipo di acquirente si rifornisce di norma nei supermercati dove c’è una grande disponibilità di prodotti in ogni stagione.

All’opposto, c’è l’acquirente critico, e tra questi il nuovo cuciniere urbano, consapevole e attento a tutti quei particolari che trascura l’acquirente acritico. Nel 2015 la Doxa ha realizzato per conto di Coop Italia 6.400 interviste a persone tra i 18 e i 54 anni di Italia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Russia, Cina, India e Brasile. Il 36% dei consumatori mette al centro della propria attenzione la relazione tra cibo e benessere in varie possibili declinazioni: si va dalla dieta ipocalorica (10%) al credo salutista (10%), da chi mangia biologico (8%) ai vegani (8%). Nel caso degli italiani, prevale l’attenzione al cibo di qualità e ai prodotti tipici locali con una forte componente legata al piacere.

Il nuovo cuciniere urbano si rifornisce più spesso presso i mercati settimanali dei contadini, nei negozi bio, nei punti verdi delle città, oppure fa parte di gruppi d’acquisto. Se può, diventa coltivatore di orti urbani o di orti in terrazza.

 

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