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Cottura in umido. La tecnica di base

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Vi è capitato di chiedervi quale sia la differenza tra uno spezzatino, un brasato, uno stracotto, un civet, un gulash, un guazzetto, un arrosto morto, un salmì, una blanchette.
Ebbene, sono tutte preparazioni in umido che utilizzano la medesima tecnica di base. Le differenze sono minime e a volte più linguistiche che sostanziali. Come dire che è sufficiente a imparare a fare un umido e contemporaneamente si imparerà a uno stufato, un brasato, uno spezzatino…
Con questa premessa, è inutile aggiungere che imparare questa tecnica è altamente redditizio. Quindi diamoci da fare.

La cottura in umido è una procedura mista che unisce la tecnica dell’arrosto in tegame per continuare con quella della sobbollitura. In pratica, si fa rosolare la fuoco vivace l’alimento (carne, pesce, verdure) in un grasso (burro o olio) in modo da favorire la formazione di una crosta superficiale utile a mantenere i succhi dell’alimento al suo interno.Poi si prosegue aggiungendo piccole quantità di acqua o brodo e cuocendo a fuoco basso generalmente a tegame semiaperto o coperto. La preparazione non deve raggiungere mai la temperature di ebollizione, e deve prolungarsi il più possibile a seconda della natura dell’alimento (più a lungo per la carne e i legumi, meno per gli ortaggi e meno ancora per il pesce).Da questo punto di vi vista, il ragù può essere considerato un umido, e fra l’altro proprio come tale è nato in Francia con il nome di ragout. Siamo stati noi italiani a trasformarlo in una salsa per la pasta.
Tutto qui! Con l’accortezza di scegliere il tegame giusto. Niente recipienti di cottura in acciaio o in alluminio perché poco adatti alle cotture lente. Sì coccio, ghisa, alluminio pesante rivestito di antiaderente, rame stagnato e  pietra ollare.
Un umido va differenziato da un affogato con cottura “a crudo” degli ingredienti. Cioè si mette in tegame l’alimento principale (carne, pesce, molluschi e crostacei, verdure) con un grasso (olio o burro) e per la cottura si conta soprattutto sull’acqua contenuta nell’alimento stesso, che viene ceduta più facilmente perché la mancata rosolatura impedisce la formazione di una crosta protettiva. E’ comunque prevista, in caso di bisogno, l’aggiunta di un liquido (acqua o brodo o vino o un misto tra questi) in quantità minime. Anche in questo caso la cottura avviene a temperatura inferiore a quella di ebollizione.

La questione linguistica

Stufato. il termine “stufato” deriva dal fatto che una volta era preparato sulla stufa, uno dei metodi di cottura più dolce. Lo stufato di carne vero e proprio, poi, prevede un periodo più o meno lungo di marinatura in vino e aromi.

Brasato. “Brasare” deriva da “brace”: anche questo termine richiama tempi lontani, quando il camino era lo strumento principale della cucina. Un’epoca in cui la brace era la principale fonte di calore utilizzata per la cottura, tanto che spesso i coperchi dei recipienti erano concavi, per poterne contenere un po’ e realizzare la nota “cottura tra due fuochi”! Oggi, nella cucina professionale, la brasatura si fa con uno strumento apposito denominato “brasiera”, mentre per l’uso domestico è ideale possedere una casseruola pesante, possibilmente in terracotta o ghisa, chiusa e resa ermetica.

Stracotto. Prendono il nome di stracotti le carni mature cotte a lungo in umido, come quella di bovino adulto, di cavallo o di asino. Una denominazione che ritroviamo principalmente in numerose ricette delle regioni settentrionali e centrali. Come è facile immaginare, la preparazione presuppone una cottura davvero molto lunga, che può andare dalle 4 alle 8 ore, fino a prevedere alle volte anche diversi giorni di tempo. La pastisada de caval, ad esempio, è un’antica preparazione a base di cavallo la cui cottura durava almeno due giorni! Per ovvi motivi, lo stracotto difficilmente viene cucinato dalle famiglie moderne, sopravvive però nei ristoranti lombardi e emiliani, come condimento di alcune delle paste tradizionali del territorio.

Spezzatino. Anche lo spezzatino, piccoli pezzi cubici di carne (3-3,5 cm di lato) cotti per lungo tempo in presenza di liquidi, è chiaramente un umido. Questa preparazione è nata per riutilizzare e rendere allo stesso tempo gustose le parti meno pregiate di manzo, vitello, agnello e maiale, in genere caratterizzate dall’abbondante tessuto connettivo tra i fasci muscolari. Ricordiamo lo spezzatino di fegato al vino rosso e lo spezzatino di tacchino con i gobbi. Da non dimenticare sono lo storico peposo alla fornacina.

Salmì e civet. Sono due termini francesi che indicano preparazioni in umido di cacciagione, diverse a seconda delle regioni, ma presenti sia in Francia che in Italia.

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